IO, Antonella Bottazzi, capelli rossi e lentiggini per 170 cm di iperattività, felice della vita e di tutto quello che contiene. Un ciclone a detta di quelli che mi conoscono.
Io da sempre consapevole che tutto può cambiare da un giorno all’altro.
Ultima di 6 figli, mi sono sempre ritenuta fortunata perché ad ogni caduta ho sempre trovato le persone e la forza che mi hanno aiutata a superare l’ostacolo e la mia vita è sempre stata piena e stupenda.
Anno 2006: ho 46 anni, tutto fila liscio, mia figlia Martina, l’amore della mia vita, ha 18 anni, è bella, brava e sta preparando l’esame di stato al Liceo Classico. Vuole diventare ricercatrice – biotecnologa. Già me la vedo laureata la mia “piccola”.
Veniamo a quel martedì sera, 11 aprile 2006, mentre mi sfioro il seno destro le mie dita si fermano su un punto dove sento qualcosa appena sotto pelle e mi viene un brivido!!! Avevo fatto tutti i controlli 9 mesi prima ed era tutto a posto. Avrei potuto anche lasciar perdere, il nodulino era impercettibile ma quel brivido, quel pensiero non mi abbandona tutta la notte; la mattina dopo chiamo il mio medico di famiglia che mi prenota per il 13 una mammografia urgente.
Non ci voglio pensare, faccio la mammografia e sudo, il tecnico non mi anticipa nulla ma durante l’ecografia il medico insiste ed insiste sempre in quel punto.
“Facciamo un ago aspirato?” e a me gira la testa, non riesco a deglutire.
L’infermiera impietosita mi allunga un bicchiere d’acqua. L’immagine successiva che ricordo…. sono io, in completo pantalone blu e tacco alto che fatico a stare in equilibrio su quel pavè sconnesso che devo percorrere per qualche centinaio di metri.
In mano ho i vetrini del mio ago aspirato, avvolti in carta argentata, da portare ad analizzare in ospedale.
Non riesco a trattenere le lacrime ed inciampo. Maledetti tacchi e maledetto pavè.
Il giorno dopo non ho bisogno di chiedere nulla, ore 15 del 14 aprile, venerdì santo, il dottore del Centro Donna di Piacenza mi aspetta, il suo sguardo che non nasconde pena e tristezza non mi aiuta.
Ecco la conferma, oggi tocca a me!!! Perchè a me?
Io urlo dentro di me: NON VOGLIO MORIRE ma la mia faccia è di marmo.
La stessa infermiera di ieri mi allunga un bicchiere d’acqua che è amara come la mia bocca.
Martina è appena tornata da una vacanza e sgrana gli occhi quando le dico: “ho fatto la mammografia e mi hanno trovato un nodulo”, non posso indorarle la pillola quando lei mi chiede “benigno vero?” io devo aggiungere “tumore maligno” e lei mi abbraccia piangendo.
LEI mi da il coraggio di rispondere “Martina non piangere, LA MAMMA NON HA INTENZIONE DI MORIRE””.
E ritorna il sorriso ad entrambe.
Da quel momento in avanti la mia vita ha preso una svolta che non avevo mai considerato, nessuna familiarità e vita sana, una figlia allattata 9 mesi e prevenzione mi avevano illusa di essere dietro ad uno scudo.
Quelle col tumore erano sempre state in un’altra dimensione ma ora io le stavo raggiungendo.
All’inizio non volevo ammetterlo.
Non mi andava di mostrare la fragilità di un corpo che mi aveva tradita, mi faceva quasi vergognare.
Molto merito ha avuto la d.ssa Nosenzo che mi disse di non avere paura e che avrei conosciuto i miei nipoti.
Significava speranza di vita ed era esattamente quello di cui avevo bisogno, tutto mi è apparso più accettabile, anche continuare a lavorare con i miei stupendi colleghi di lavoro mi è servito.
Tutto è passato in un attimo, 4 maggio il ricovero, il 5 maggio l’operazione perfettamente riuscita, il seno risparmiato dalla quadrantectomia fatta a regola d’arte dal chirurgo: Lui, l’ospite indesiderato non c’era più.
Mi sentivo più forte e cominciavo a conoscere le altre, le donne che stavano percorrendo lo stesso mio cammino di “TUMORATE”.
Non sapevo che esistessero tante cure diverse, tante linee di pensiero sulle terapie da seguire, a me era toccata la radioterapia, l’Herceptin, il Tamoxifene ed il Decapeptyl (le tumorate sanno di cosa si tratta).
Fuori c’era un mondo di sofferenza tremenda, di donne con gli occhi pieni di paura.
Donne silenziose che incontravo a fare la radioterapia, donne terrorizzate confinate in medicina nucleare per la scintigrafia ossea.
Ragazze giovanissime in Day Hospital durante l’infusione della chemioterapia.
Io ero l’unica con i capelli, ci ho passato 4 ore ogni 3 settimane per 13 mesi e a pranzo dividevo il mio vassoio con Martina che non mi lasciava un minuto.
Il tempo passava ed io mi accorgevo di cambiare, il mio corpo mi tradiva nuovamente.
La carnagione era diventata grigiastra, il carattere irritabile, ero stanca ed instabile con le lacrime “in tasca”.
Dov’era finita l’Antonella con il sorriso negli occhi e l’entusiasmo di vivere?
L’effetto delle medicine mi stavano rendendo una vittima e proprio non potevo accettarlo.
Una sera di gennaio 2008 leggo sulla rivista dell’Airc, che il dr. Berrino e la D.ssa Villarini cercavano volontarie per il Progetto Diana 5.
Con loro ho imparato che le donne possono scegliere di integrare le cure mediche con una vita sana ed avere una probabilità in più di non ricadere nelle recidive.
E poter scegliere MI PIACE MOLTO, non più vittima ma artefice della mia nuova vita, quasi una rinascita!!!
2011: Martina si laurea brillantemente in Biotecnologie Mediche e Farmaceutiche e passa subito l’esame di stato come Biologa!
E brava la mia dottoressa Nosenzo, avevi ragione, anche questa e’ una tappa raggiunta, ma mi manca ancora qualcosa, lo sento, e durante alcune cene organizzate a Cascina Rosa, dove ha sede il progetto Diana 5, incontro Antonella, Silvia, Tullia, Luisella e Floriana.
Emma, una mia amica operata di Pavia, ci fa conoscere un movimento Italiano che promuove uno sport dedicato alle donne operate di tumore al seno che soffrono di linfedema al braccio: le PAGAIE ROSA ed il Dragon Boat.
Siamo allegre e determinate e l’entusiasmo delle Pink Butterfly, attive da quasi 10 anni a Roma, ci spinge a formare una squadra anche a Milano.
Il 20 marzo 2013 alle ore 20, in una pizzeria di Milano nascono le PINK AMAZONS, le amazzoni rosa, perchè noi combattiamo il nostro drago a colpi di pagaia, cavalcandolo.
Antonella is back!!!
A 52 anni sono salita in barca, sul dragone e non sarei più scesa.
Una folgorazione per me che non avevo mai fatto uno sport di squadra, uno sport conosciuto da pochi ma che all’Idroscalo Club da qualche anno aveva cominciato ad avere adesioni.
Abbiamo cominciato a pagaiare con la squadra agonistica, DRAGOSCALO, con enormi difficoltà.
Stare al passo con loro sembrava un’impresa impossibile ma con il loro aiuto è stato facile prendere coscienza che nulla ferma una donna determinata.
Sto bene di salute ed il movimento all’aria aperta mi fortifica corpo e spirito.
Non sono più grigia in faccia, le rughe intorno agli occhi ci sono perché ride la “pippi-calzelunghe” che è in me e comunico questo mio entusiasmo per la vita.
Ora possiedo Paddy, la mia splendida pagaia di carbonio regalo di compleanno di Martina.
Le amiche PINK di Mestre, Roma, Torino, Firenze, Empoli, Venezia sono un esempio importante per me che mi sto assestando con i compromessi: tumore + felicità = FUTURO !!!!
Quando parliamo tra di noi ci capiamo al volo e vi assicuro che convivere con un tumore è diverso da convivere con qualcuno che ha un tumore.
Sulla propria pelle cambia tutto.
E ci si aiuta, ci si abbraccia, ci si consola, si condividono le cene, le chiacchiere, le serate a teatro e le lunghe telefonate come quando si era adolescenti.
Del tumore avrei fatto volentieri a meno, ne sono certa, ma non farei a meno di tutte persone incontrate grazie al mio tumore in questi 13 anni.
Ho avuto l’onore di conoscere persone generose ed illuminate che perseguono progetti sociali importanti ed ambiziosi per noi donne operate di tumore al seno.
Continuo ad incontrare Donne con la paura negli occhi ma ora so che posso aiutarle prendendole sotto braccio invitandole sul nostro dragone insieme alle splendide PINK AMAZONS.